La scelta strategica è l’uscita dall’euro o il default?

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  1. Salviamo La Democrazia ha detto:

    Il punto è che non si può fare un default pilotato ( cioè limitarsi a garantire i titoli solo in mano ai cittadini italiani ripudiare il debito estero ecc ) senza uscire dall' euro l' ho ribadito più volte sulla pagine di Alternativa e nei vari appelli degli Indignados ecc. è ora che i movimenti anti austerity prendano posizione!

  2. Claudio Martini ha detto:

    Concordo. L'idea di dichiarare bancarotta restando nell'euro è semplicemente assurda. 
    Se Andrea Mensa ci legge ancora, penso potrebbe spiegare le ragioni tecniche di questa evidenza.

  3. Alberto Conti ha detto:

    Fosse a Milano ci verrei di corsa. A parte l'egoismo logistico, trovo che Milano rappresenti meglio di tutto la realtà economica più vitale del paese. Se cambiamento ci sarà, partirà da qui.
    Visto che il nostro peso politico reale attualmente è prossimo a zero, ritengo che ci dovremmo ritenere liberi di pensare. Non è un ovvietà, è un punto di forza da non sottovalutare.
    Euro ed Europa coincidono solo nel mondo finanziario, che è quello che comanda da vero tiranno, quello che dobbiamo abbattere anche solo per poter dire la nostra.
    Tornare alla moneta nazionale è condizione assolutamente necessaria, e ovviamente non sufficiente, a rifondare la Politica. E di cos'altro stiamo parlando? E allora pensiamo in grande!
    L'uscita dall'euro coincide con lo spazzar via l'intera classe politica, altro che "mani pulite"! E che altro ci resta da fare per salvare le chiappe al popolo? Direi che anche su questo non si discute.
    L'unica esperienza storica che abbia senso prendere a termine di paragone attualmente è ancora l'Argentina. Ma nel frattempo c'è stato l'Equador, l'Islanda, la Cina, ecc. ecc. ecc. Se botto dev'essre, siamo tecnicamente nelle condizioni di farlo a ragion veduta e a regola d'arte. La paura del buio è infantile, ammettiamolo, è ora di crescere.
    Non s'è mai visto un paese che riprende in mano la propria moneta e la propria economia e che per questo vada alla malora, semmai il contrario. Con quel poco d'infrastruttura industriale che c'è rimasta e con le risorse economiche, umane, ambientali che ci ritroviamo possiamo farcela, non solo a sopravvivere dignitosamente, ma a risorgere, a rinascere come abbiamo saputo fare in passato e ancora meglio. La situazione mondiale sembra quasi chiedercelo, non aspetta altro che un buon esempio da seguire per ricostruire dalle macerie della finanziarizzazione selvaggia dollarocentrica.
    A presto
    Alberto

  4. flavio ha detto:

    E' un'urgenza strattonare le radici della millenarista utopia liberista allignata in Europa, che si è fatta "mercato & moneta" alla faccia e sulle spalle di tutti i ceti laboriosi. Bisogna sparigliare il gioco, ora, altrimenti il discorso si chiude definitivamente per un'altra generazione. Il giogo del governo-ombra continentale della BCE, lo si incrina se si assesta un primo colpo al loro giocattolo monetario preferito: moloch ed alibi d'una oligarchia che sta cancellando tutti gli altri poteri che emanano dalla volonta popolare e dal voto.
    La BCE, genuflessa al FMI,  è in corresponsione d'amorosi sensi con la casta delle 12 banche mondiali, ed agisce in perfetta sintonia con il fondamentalismo globalista, persino nella fase in cui è già cominciata la de-globalizzazione. BCE e "commissione di Bruxelles" -che fino all'anno scorso osavano negavare persino  l'esistenza di qualsivoglia crisi- ora passano all'arrembaggio piratesco con politiche che falcidiano il potere d'acquisto dell'85% della popolazione. Aprono la strada al crollo generalizzato dei consumi e chiusura di tutte le imprese che alimentano il mercato nazionale. 
    Il sistema bancario è senza liquidà, fallito, e gli Stati non possono salvarlo una seconda volta. Non perchè non volgliano, semplicemente non possono.  Gli unici riferimenti utili sono le decisioni prese da quei Paesi che seppero dire NO al FMI:sospensioni del pagamento di interessi annuali; revisione della contabilità ed accertamento della liceità delle esisgenze del FMI e banca privata; moti popolari crescenti che -in sintonia con nuovi gruppi dirigenti emergenti- riescono a rimettere al centro della discussione la sovranità. Come passo iniziale di uno sviluppo autonomo, sottratto ai centri di pianificazione globalista.
    L'hanno fatto piccoli Paesi come l'Islanda, l'Ecuador o l'Argentina; tutti gli altri emergenti del BRIC hanno sempre respinto con forza le ingiunzioni USA di svalutare le loro monete, o di subire misure economiche esogene. No all'euro è soprattutto imperiosa necessità d'una iniziale recupero la di sovraità dei governi sulla politica economica e monetaria,
    Le elites europee hanno sempre  preferito essere "gli ultimi tra i primi": l'Italia è stata castigata con la perdita del business con la Libia, e l'amputazione della presenza nel Mediterraneo.In un'Europa che è una semplice espressione monetaria, sotto l'mperioun'oligarchia di banchieri, non vale più la pena essere "ultimi tra i primi" Non per i salariati e classi medie. Meglio pensare in termini di "primi tra gli altri". Fare la coda dell'artritico leone anglosassone o essere la testa della talpa?
    Tito Pulsinelli

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