Ardire di essere illiberali. Questo è l’imperativo.

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Nessuna risposta

  1. Tonguessy ha detto:

    Come se ne esce? Riappropriandosi del Sacro. Esistono cose che non hanno prezzo, ma valore. Mantenere la propria parola data, ad esempio. Se ha valore la parola va mantenuta ad ogni costo. Se ha prezzo è in vendita al miglior offerente. 

    La transumanza politica  attuale è la prova che i vertici sono interessati al prezzo, non al valore. E ci stanno insegnando come si fa, stanno orientando la società affinchè tutto abbia prezzo a niente valore.

    Quante volte abbiamo sentito dire al premier "lo giuro sui miei figli" e scoprire poi che sarebbero morti tutti, se solo esistesse una qualche forma di giustizia divina o anche solo umana? 

    Ho quindi seri dubbi sul "partito della verità e della giustizia". Sono termini troppo lontani da questioni come accesso paritario alle risorse, informazione pluralistica, Stato come intermediatore tra classi sociali per favorire una migliore coesistenza etc…

    La verità è troppo circostanziale, e la giustizia troppo parziale per farvi affidamento. Semmai sono il naturale sottoprodotto degli elementi cui facevo riferimento qui sopra

  2. Claudio Martini ha detto:

    "La risposta positiva è coerente con la critica del capitalismo e con il pensiero critico in generale, ma impone una riflessione sull’eredità dell’illuminismo e segnatamente sul principio della separazione del giudizio politico-giuridico dal giudizio morale."
    Bingo!  è QUESTO il punto. Il vero punto. Ritrarre la disperazione e l'orrore del capitalismo serve a poco fino a che non si delinea cosa dovrebbe sostituirlo. Mi sembra chiaro che stiamo parlando della Rivoluzione. La Rivoluzione serve non tanto a liberarsi da un  vecchio regime, quanto ad IMPORNE uno nuovo.
    E qui cominciano i problemi, dacché se tutti (o quasi)  sarà disposto a seguirti nella denuncia delle miserie e degli schifi dell'odierna società, nessuno (o quasi) ti seguirà nell'imposizione COATTIVA della società nuova. Se noi separiamo il giudizio assiologico (realtivo ai valori) al giudizio pragmato (relativo ai fatti), ovvero non possiamo dedurre proposizioni normative dell'analisi della realtà, il gioco è fatto: abbiamo escluso la Verità dai nostri discorsi, cadendo nel relativismo epistemologico più assoluto, e  nessuno avrà mai la forza di fare la Rivoluzione, poiché per avere la forza di farla bisogna essere assolutamente sicuri di attingere alla Verità , non alla mutevole Opinione.

     Come reagire? Secondo me si dovrebbe partire da due considerazioni.

    1) Innanzitutto, quando adoperiamo il vocabolario deontico (vietato, concesso, imposto, punibile, ecc) dobbiamo sapere che ogni vocabolo che adoperiamo ha natura dialettica, cioè si rovescia immancabilmente nel suo opposto. Accordare un diritto, per esempio quello della cassa maternità,  a qualcuno, significa imporre un obbligo a qualcun altro, in questo caso al datore di lavoro che dovrà versare i contributi. Il divieto di ascoltare musica a tutto volume coincide con la libertà delle mie orecchie, e così via. A mio avviso è perciò assurdo caratterizzarsi per fautori della libertà piuttosto che dell'illibertà. Questo argomento deve essere utilizzato contro i sostenitori del  "lasseiz faire". Il "poter fare" concesso a qualcuno equivale sempre a un "dover fare" di qualcun'altro, e a un "non poter fare" di un terzo. Smacheriamoli!
    2) La "separazione del giudizio politico-giuridico dal giudizio morale"
    è anche nota come "Legge di Hume". Ed è proprio al filosofo scozzese che la dobbiamo. Essa costituisce davvero l'architrave del liberalismo, come riconosciuto da stimati studiosi come Dino Cofrancesco.  Tuttavia, se tale "Legge"  ha evidentemente condizionato sia Smith che Kant, non si può dire che definisca il lascito dell'Illuminismo tout-court. I Lumi non sono solo Voltaire e i fisiocratici, ma anche Montesquieu e soprattutto Rousseau. Non dimentichiamoci che il risultato dello scetticismo empirista britannico, spazzando via ogni fondamento ontologico dell'Etica, è stao anche quello di minare la morale dell'Antico Regime. Non è un caso che i reazionari di tutte le risme se la siano presa così tanto con Adam Smith (ce ne sono tracce persino in Weber).  L'Illumismo non può esserci nemico, perchè esso è il padre dell'89. Facciamo nostra piuttosto la lezione della grande filosofia tedesca, da Fichte a Hegel, che non lesinano critiche ai Lumi ma ne sottolineano i caratteri necessari e benefici. 

  3. Lorenzo Dorato ha detto:

    Articolo che sottoscrivo integralmente poiché centra i punti fondamentali della vera contraddizione che segna il nostro tempo: la contraddizione tra apologia del nulla che si traduce in apologia della libertà come valore in sé, da una parte; e ripresa di un punto di vista veritativo sulle cose umane e in quanto tale esplicitamente impositivo ed eticamente normativo. 
    Lo scontro è uno scontro che non può fare sconti, deve essere netto e chiarito nei suoi termini. La tradizione politica novecentesca di destra e di sinistra, conservatrice e progressista era ancora dialettica in quanto in essa coesistevano elementi filosofici di liberalismo (come sfondo) con elementi di correttivo forte al principio liberale. Era questa fusione che permetteva l'esistenza di pluralismo, di dibattito, di fiorire di idee, dubbi e quindi di forza e vigore politico. Negli ultimi 20 anni tutta la tradizione politica europea si è definitivamente suicidata nel paradigma liberale, accogliendo (seppur coperto da varianti estetiche e formali apparente opposte) la dittatura della libertà assoluta e del relativismo che è evidentemente lo sfondo ideologico preferenziale per il libero scorrere illimitato del capitalismo e delle sue pretese sociali.
    Non dobbiamo aver paura di pensare una rivoluzione in termini sociali veritativi. Non c'è rivoluzione anticapitalistica che tenga che si possa basare sugli stessi principi naturali del capitalismo medesimo (libertà assoluta, autodeterminazione svincolata dell'individuo, relativismo). In questo senso una critica al rapporto capitalistico da sola non basta (e Marx questo lo aveva capito benissimo, dal momento che la sua era anche una critica al rapporto sociale mercantile, non solo capitalistico in quanto rapporto di sfruttamento materiale diretto).
    Il vero spartiacque da cui ripartire per una nuova aggregazione politica è proprio questo: accettare o non accettare la dittatura relativistica della libertà e della seperazione tra orizzonte politico-giuridico ed orizzonte morale e veritativo. Il resto è ovviamente importante, ma comunque successivo e conseguente.
    Complimenti a Stefano per la riflessione che avrei potuto scrivere in egual maniera.

  1. 6 Agosto 2013

    […] intessere relazioni umane… Sembra proprio che l’apocalittica espressione marxiana della mercificazione totale, poi realizzatasi globalmente, abbia ironicamente preso l’antico detto “Chi trova un amico […]

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